GENNAIO-FEBBRAIO

I mesi iniziali dell’anno, quelli più rigidi, con le giornate più corte, erano mesi in cui ci si dedicava poco alle attività agricole. Si facevano lavori di preparazione in vista della bella stagione e di sistemazione: si pulivano gli orti, si bruciavano le stoppie nei campi e s’ingrassavano i terreni con il letame per renderli più fertili per le future coltivazioni. Le donne più giovani badavano alla casa e ai figli mentre le donne anziane si dedicavano alla cernita delle patate: erano selezionate le patate che presentavano “l’occhio” ovvero la gemma che, una volta interrata con una parte della patata, sviluppava alla nuova pianta. Nei primi mesi dell’anno erano usuali anche importanti riti propiziatori legati alle attività della campagna.

Uno di questi, il più diffuso, era il rito dei fuochi di Sant’Antonio che ricorreva il 17 gennaio, giorno dedicato a Sant’Antonio Abate, nell’anniversario della sua morte. Questo rito era vissuto dai contadini come un rito di purificazione e di rigenerazione della natura, dopo il freddo inverno: si accendevano, nei campi, molti falò.
L’accensione dei fuochi era il momento conclusivo del rito che era preceduto dalla questua della legna presso le famiglie che abitavano le cascine. Chi offriva la legna riceveva in cambio un buon augurio per la futura coltivazione, a chi si rifiutava di donare era augurata la morte nel fuoco.

Un altro rito pagano che era celebrato durante Gennaio era quello della “giubiana” che ricorreva l’ultimo giovedì del
mese. Proprio a questo giorno della settimana si deve il nome di questa sorta di strega: infatti il nome Giubiana deriva da – giovedì – ed indica la strega che in quel giorno si incontrava con il Diavolo. La festa della Giubiana coincideva con la fine dell’inverno e costituiva un momento di grande gioia per i contadini che potevano uscire da una sorta di letargo lavorativo invernale e potevano iniziare a dedicarsi ai lavori agricoli.

Durante la giornata dedicata a questa strega i bambini giocavano nei cortili delle cascine e correvano nei campi suonando pentole che diventavano gioiosi tamburi. Le donne in cucina preparavano “il risotto con la luganega” (il risotto con la salsiccia), piatto che la tradizione voleva si consumasse in questo giorno.

Il risotto non era solamente mangiato dalla famiglia ma ne era lasciata una piccola parte sul gradino del camino per la stessa Giubiana. Al termine della giornata era finalmente bruciato il fantoccio che la riproduceva e insieme a lui era bruciato anche l’inverno. Durante questa giornata le ragazze in età da marito ma non ancora fidanzate dovevano compiere alcune azioni per dedurre il futuro sentimentale che le attendeva: tiravano una scarpa verso la porta di casa, se la scarpa ricadeva rivolta verso l’esterno significava che avrebbero presto lasciato la casa patema per maritarsi. Alle ragazze invece che avevano già superato quella che era ritenuta l’età da marito, le cosiddette “zitelle”, i ragazzi della cascina facevano trovare sull’uscio una manciata di crusca che alludeva ad una vita vuota. Ovviamente si faceva credere che fosse stata la Giubiana a lasciare questo messaggio.

Un’altra festa dedicata alle donne che si svolgeva però nel mese di febbraio, il 5, era la Festa di Sant’ Agata. Molte donne delle cascine giussanesi si recavano in questo giorno a piedi o con i carretti a Monticello dove assistevano alla celebrazione della Messa riservata alle donne. Alla fine della funzione le donne compravano i tradizionali “firon” ovvero castagne cotte al forno ed infilate su una specie di spiedino.